Bakhita (“fortunata” in arabo) nacque nel 1869 nel piccolo villaggio di Olgossa, nella regione del Darfur (Sudan). Rapita e venduta come schiava, dopo varie peripezie fu riscattata e portata nel nostro Paese dal console italiano a Khartoum. Ospitata dalle canossiane di Venezia, nel 1890 fu battezzata con il nome di Giuseppina e nel 1896 pronunciò i primi voti. Trasferita a Schio, trascorse il resto dei suoi anni in convento lavorando come cuciniera, sagrestana, aiuto infermiera e portinaia. Deceduta nel 1947, fu beatificata da Giovanni Paolo II nel 1992 e canonizzata dallo stesso pontefice nel 2000. Superando grandi distanze di culture, razze e condizioni sociali, oggi santa Giuseppina Bakhita ci lascia intuire l’immenso orizzonte di quella verità che davvero ci rende liberi.
Bakhita (“fortunata” in arabo) nacque nel 1869 nel piccolo villaggio di Olgossa, nella regione del Darfur (Sudan). Rapita e venduta come schiava, dopo varie peripezie fu riscattata e portata nel nostro Paese dal console italiano a Khartoum. Ospitata dalle canossiane di Venezia, nel 1890 fu battezzata con il nome di Giuseppina e nel 1896 pronunciò i primi voti. Trasferita a Schio, trascorse il resto dei suoi anni in convento lavorando come cuciniera, sagrestana, aiuto infermiera e portinaia. Deceduta nel 1947, fu beatificata da Giovanni Paolo II nel 1992 e canonizzata dallo stesso pontefice nel 2000. Superando grandi distanze di culture, razze e condizioni sociali, oggi santa Giuseppina Bakhita ci lascia intuire l’immenso orizzonte di quella verità che davvero ci rende liberi.