Author: | John Berger | ISBN: | 9788854507319 |
Publisher: | Neri Pozza | Publication: | June 4, 2013 |
Imprint: | Neri Pozza | Language: | Italian |
Author: | John Berger |
ISBN: | 9788854507319 |
Publisher: | Neri Pozza |
Publication: | June 4, 2013 |
Imprint: | Neri Pozza |
Language: | Italian |
Esiste una nuova specie di tiranni che non ha nulla a che vedere con i dittatori del passato. Hanno una faccia anonima, vagamente rassicurante, «come la sagoma dei furgoni portavalori». Sono vestiti in modo impeccabile, hanno capigliature curate, occhi svelti che osservano tutto, orecchie capienti «come banche dati» e un’insaziabile brama di controllo. Dicono di essere esperti di economia e di politica, ma conoscono solo la legge del guadagno e decidono delle vite di migliaia di persone. Sono i profittatori. E questo libro è contro di loro. Questi scritti che John Berger ha prodotto nell’arco di quasi sessant’anni (dal 1958 al 2012) riflettono la genialità e la ricca versatilità dell’autore, e spaziano con estrema naturalezza da articoli sulla politica recente (Bush, Sarkozy e Dominique Strauss-Kahn) ad appelli per la mobilitazione, da brevi scritti sull’arte e sulla fotografia (Il bisogno di imparare) a racconti struggenti (Qui, dove ci incontriamo, in cui l’autore parla con la madre morta dieci anni prima). Attraversando le transizioni epocali del Novecento, come la nascita dello stato di Israele o il crollo del muro di Berlino, l’autore non risparmia critiche illuminanti e caustiche alle guerre preventive degli Stati Uniti e alle proteste no-global, fino al recente crack finanziario mondiale. Il mondo contemporaneo è una sfera tra le mani di John Berger, che la osserva e la tocca con una tenerezza, una passione e un’indignazione inusitate nella letteratura del nostro tempo, e la consegna al lettore perché ripensi «i confini della politica»; perché rifletta sul «potere delle parole» troppo spesso lasciate a chi ne fa un uso cinico, persuasivo, e manipolatorio; perché capisca che il senso di questo presente assurdo sta non soltanto nella memoria di un passato collettivo, ma anche nelle piccole cose che ci accadono ogni giorno, che ci parlano di noi, della nostra vita, e ci fanno sentire «meno soli, non solo nel mondo, ma anche nella Storia». Un libro unico come il suo autore – vincitore del Man Booker Prize, il più noto riconoscimento per la letteratura inglese – che «non trascina la politica nell’arte», ma guarda alla politica attraverso la lente d’ingrandimento dell’arte, perché «si può fare arte raccontando una storia o scrivendo su un affresco di Giotto, oppure studiando in che modo una lumaca arriva in cima a un muro».
Esiste una nuova specie di tiranni che non ha nulla a che vedere con i dittatori del passato. Hanno una faccia anonima, vagamente rassicurante, «come la sagoma dei furgoni portavalori». Sono vestiti in modo impeccabile, hanno capigliature curate, occhi svelti che osservano tutto, orecchie capienti «come banche dati» e un’insaziabile brama di controllo. Dicono di essere esperti di economia e di politica, ma conoscono solo la legge del guadagno e decidono delle vite di migliaia di persone. Sono i profittatori. E questo libro è contro di loro. Questi scritti che John Berger ha prodotto nell’arco di quasi sessant’anni (dal 1958 al 2012) riflettono la genialità e la ricca versatilità dell’autore, e spaziano con estrema naturalezza da articoli sulla politica recente (Bush, Sarkozy e Dominique Strauss-Kahn) ad appelli per la mobilitazione, da brevi scritti sull’arte e sulla fotografia (Il bisogno di imparare) a racconti struggenti (Qui, dove ci incontriamo, in cui l’autore parla con la madre morta dieci anni prima). Attraversando le transizioni epocali del Novecento, come la nascita dello stato di Israele o il crollo del muro di Berlino, l’autore non risparmia critiche illuminanti e caustiche alle guerre preventive degli Stati Uniti e alle proteste no-global, fino al recente crack finanziario mondiale. Il mondo contemporaneo è una sfera tra le mani di John Berger, che la osserva e la tocca con una tenerezza, una passione e un’indignazione inusitate nella letteratura del nostro tempo, e la consegna al lettore perché ripensi «i confini della politica»; perché rifletta sul «potere delle parole» troppo spesso lasciate a chi ne fa un uso cinico, persuasivo, e manipolatorio; perché capisca che il senso di questo presente assurdo sta non soltanto nella memoria di un passato collettivo, ma anche nelle piccole cose che ci accadono ogni giorno, che ci parlano di noi, della nostra vita, e ci fanno sentire «meno soli, non solo nel mondo, ma anche nella Storia». Un libro unico come il suo autore – vincitore del Man Booker Prize, il più noto riconoscimento per la letteratura inglese – che «non trascina la politica nell’arte», ma guarda alla politica attraverso la lente d’ingrandimento dell’arte, perché «si può fare arte raccontando una storia o scrivendo su un affresco di Giotto, oppure studiando in che modo una lumaca arriva in cima a un muro».