Author: | David Balzer | ISBN: | 9788860101983 |
Publisher: | Johan & Levi | Publication: | July 17, 2017 |
Imprint: | Johan & Levi | Language: | Italian |
Author: | David Balzer |
ISBN: | 9788860101983 |
Publisher: | Johan & Levi |
Publication: | July 17, 2017 |
Imprint: | Johan & Levi |
Language: | Italian |
Dai look alle playlist, dai menu gourmet ai festival canori fino addirittura ai matrimoni vip, oggi tutto è “a cura di”, e i termini “curare”, “curatore” e affini spuntano sulla bocca e nel curriculum di chiunque voglia far leva su una qualche specificità e distinguersi dalla massa. Se ormai anche le aziende più disparate hanno adottato questa strategia della valorizzazione estrema dei contenuti, è nel campo dell’arte che i curatori la fanno da padroni. Artefici di collettive e biennali di alto profilo cui prestano nome e volto, i vari Obrist, Christov-Bakargiev e Gioni offuscano il lavoro dei singoli artisti diventando essi stessi protagonisti degli eventi che sono chiamati a guidare, divisi tra l’esigenza di intercettare i gusti del pubblico e la missione di plasmare una nuova avanguardia. Un fenomeno iniziato negli anni novanta e propagatosi a macchia d’olio, tanto che perfino i musei, un tempo santuari sganciati dalle frenetiche emergenze del marketing, sono saliti sul carro dei curatori, pronti a propinare una fruizione premasticata dei loro tesori. Che cosa ha scatenato l’inarrestabile ascesa di questi “garanti del valore” abilissimi a promuovere anzitutto se stessi, così da apparire imprescindibili arbitri del gusto? In che modo questa figura è filtrata nella cultura di massa determinando un’iperprofessionalizzazione dei ruoli nel mondo dell’arte e un proliferare di nuovi ambiti di specializzazione? David Balzer indaga la pratica curatoriale non in quanto espressione di gusto, sensibilità e competenza avallando così il feticismo del curatore, ma ne denuncia gli eccessi diagnosticando quello che efficacemente definisce “curazionismo”: una patologia sintomatica della nostra cultura, una storia della nostra epoca.
Dai look alle playlist, dai menu gourmet ai festival canori fino addirittura ai matrimoni vip, oggi tutto è “a cura di”, e i termini “curare”, “curatore” e affini spuntano sulla bocca e nel curriculum di chiunque voglia far leva su una qualche specificità e distinguersi dalla massa. Se ormai anche le aziende più disparate hanno adottato questa strategia della valorizzazione estrema dei contenuti, è nel campo dell’arte che i curatori la fanno da padroni. Artefici di collettive e biennali di alto profilo cui prestano nome e volto, i vari Obrist, Christov-Bakargiev e Gioni offuscano il lavoro dei singoli artisti diventando essi stessi protagonisti degli eventi che sono chiamati a guidare, divisi tra l’esigenza di intercettare i gusti del pubblico e la missione di plasmare una nuova avanguardia. Un fenomeno iniziato negli anni novanta e propagatosi a macchia d’olio, tanto che perfino i musei, un tempo santuari sganciati dalle frenetiche emergenze del marketing, sono saliti sul carro dei curatori, pronti a propinare una fruizione premasticata dei loro tesori. Che cosa ha scatenato l’inarrestabile ascesa di questi “garanti del valore” abilissimi a promuovere anzitutto se stessi, così da apparire imprescindibili arbitri del gusto? In che modo questa figura è filtrata nella cultura di massa determinando un’iperprofessionalizzazione dei ruoli nel mondo dell’arte e un proliferare di nuovi ambiti di specializzazione? David Balzer indaga la pratica curatoriale non in quanto espressione di gusto, sensibilità e competenza avallando così il feticismo del curatore, ma ne denuncia gli eccessi diagnosticando quello che efficacemente definisce “curazionismo”: una patologia sintomatica della nostra cultura, una storia della nostra epoca.