Author: | Maria Elena Lallai | ISBN: | 9786050381313 |
Publisher: | Maria Elena Lallai | Publication: | May 21, 2015 |
Imprint: | Language: | Italian |
Author: | Maria Elena Lallai |
ISBN: | 9786050381313 |
Publisher: | Maria Elena Lallai |
Publication: | May 21, 2015 |
Imprint: | |
Language: | Italian |
Questo libro non vuole essere un elogio al pensiero positivo fine a se stesso, né tanto meno mira a far della retorica. Vuole, piuttosto, fornire delle ragioni convincenti per decidersi quotidianamente a scegliere il sorriso della mente e del cuore. Un sorriso, questo, che di certo non deve essere maschera, ma una disposizione dell’animo che vaglia tanto la dimensione cognitiva che quella emotiva di ciascuno e che produca un’efficace strategia in grado di superare, o quanto meno di affrontare, le miriadi di motivazioni che precludono il pensiero positivo. È l’autenticità del sorriso a produrre maggiori benefici sull’umore ma anche l’umorismo gioca un ruolo importante: non solo nel miglioramento dello stato d’animo ma riducendo l’effetto negativo di eventi stressanti. Prima di arrivare alla maturazione del “pensiero positivo” e del sorriso come strumento e cura, sarebbe opportuno rivalutare determinati aspetti della didattica e inserire i bambini e i ragazzi in un percorso formativo che rivaluta al pari della nascita e delle gioie, la morte e il dolore. La paideia occidentale non affonda forse le sue radici nella saggezza greco-cristiana? Morte e dolore (fisico, morale, psicologico) a chiunque fanno paura, ci mettono di fronte alla pochezza umana davanti all’infinito, alla “gettatezza” della vita, ma fanno parte dell’esistenza; per cui tanto vale “allenarsi” ad affrontarli. I luminari della scienza che si sono cimentati in studi di questo tipo sono diversi tra loro: J. Davidson - pioniere nel campo della neuroscienza degli affetti dell’University of Wisconsin afferma che la meditazione, aumentando l’attività di un’area specifica della corteccia prefrontale sinistra del cervello, amplifica le sensazioni di felicità, entusiasmo, gioia, energia e consapevolezza. Paul Ekman, professore di psicologia e direttore dello Human Interaction Laboratory alla University of California, prende invece in considerazione il sorriso e nel corso di una ricerca sullo stretto rapporto tra espressioni facciali delle emozioni e i cambiamenti corporei, evidenzia che ”se assumi intenzionalmente un’espressione facciale, la fisiologia cambia. Se assumi la giusta espressione, cominciano i cambiamenti fisiologici che accompagnano l’emozione. La faccia non è soltanto un mezzo per manifestare l’emozione, ma anche per attivarla. In altre parole, il semplice fatto di modificare la faccia, portandola nella posizione di un sorriso, attiva nel cervello azioni che sono tipiche della felicità – proprio come un’espressione corrucciata rispetto alla tristezza”. Martin Seligman, psicologo della Pennsylvania University e fondatore della psicologia positiva, ritiene che fare buone azioni, quindi aprirsi agli altri sviluppando altruismo, empatia, solidarietà permette di trasformare favorevolmente il proprio umore. “L’esercizio della bontà, dell’umanità, della cordialità porta all’oblio di sé”, ed è in questo “decentramento” dal proprio egocentrismo, che Seligman intravede la possibilità...
Questo libro non vuole essere un elogio al pensiero positivo fine a se stesso, né tanto meno mira a far della retorica. Vuole, piuttosto, fornire delle ragioni convincenti per decidersi quotidianamente a scegliere il sorriso della mente e del cuore. Un sorriso, questo, che di certo non deve essere maschera, ma una disposizione dell’animo che vaglia tanto la dimensione cognitiva che quella emotiva di ciascuno e che produca un’efficace strategia in grado di superare, o quanto meno di affrontare, le miriadi di motivazioni che precludono il pensiero positivo. È l’autenticità del sorriso a produrre maggiori benefici sull’umore ma anche l’umorismo gioca un ruolo importante: non solo nel miglioramento dello stato d’animo ma riducendo l’effetto negativo di eventi stressanti. Prima di arrivare alla maturazione del “pensiero positivo” e del sorriso come strumento e cura, sarebbe opportuno rivalutare determinati aspetti della didattica e inserire i bambini e i ragazzi in un percorso formativo che rivaluta al pari della nascita e delle gioie, la morte e il dolore. La paideia occidentale non affonda forse le sue radici nella saggezza greco-cristiana? Morte e dolore (fisico, morale, psicologico) a chiunque fanno paura, ci mettono di fronte alla pochezza umana davanti all’infinito, alla “gettatezza” della vita, ma fanno parte dell’esistenza; per cui tanto vale “allenarsi” ad affrontarli. I luminari della scienza che si sono cimentati in studi di questo tipo sono diversi tra loro: J. Davidson - pioniere nel campo della neuroscienza degli affetti dell’University of Wisconsin afferma che la meditazione, aumentando l’attività di un’area specifica della corteccia prefrontale sinistra del cervello, amplifica le sensazioni di felicità, entusiasmo, gioia, energia e consapevolezza. Paul Ekman, professore di psicologia e direttore dello Human Interaction Laboratory alla University of California, prende invece in considerazione il sorriso e nel corso di una ricerca sullo stretto rapporto tra espressioni facciali delle emozioni e i cambiamenti corporei, evidenzia che ”se assumi intenzionalmente un’espressione facciale, la fisiologia cambia. Se assumi la giusta espressione, cominciano i cambiamenti fisiologici che accompagnano l’emozione. La faccia non è soltanto un mezzo per manifestare l’emozione, ma anche per attivarla. In altre parole, il semplice fatto di modificare la faccia, portandola nella posizione di un sorriso, attiva nel cervello azioni che sono tipiche della felicità – proprio come un’espressione corrucciata rispetto alla tristezza”. Martin Seligman, psicologo della Pennsylvania University e fondatore della psicologia positiva, ritiene che fare buone azioni, quindi aprirsi agli altri sviluppando altruismo, empatia, solidarietà permette di trasformare favorevolmente il proprio umore. “L’esercizio della bontà, dell’umanità, della cordialità porta all’oblio di sé”, ed è in questo “decentramento” dal proprio egocentrismo, che Seligman intravede la possibilità...