Author: | Giulio Savelli | ISBN: | 9786050355260 |
Publisher: | Giulio Savelli | Publication: | February 27, 2015 |
Imprint: | Language: | Italian |
Author: | Giulio Savelli |
ISBN: | 9786050355260 |
Publisher: | Giulio Savelli |
Publication: | February 27, 2015 |
Imprint: | |
Language: | Italian |
Il saggio parte dalla dolorosa percezione di sdoppiamento etico, intellettuale, valoriale, che sta alla base dell’identità italiana. Questa è polarizzata fra l’ideale di un Paese «normale» e una realtà del tutto differente. L’Italia è infatti una società trasgressiva - un sistema, cioè, che prevede in se stesso la violazione delle proprie regole, e in cui l’adesione coerente a un qualunque insieme di valori non è fattore importante per l’identità personale. Questo insieme infatti in Italia è vincolato alla sola dimensione sensibile e sostituito da affetti e piaceri. La mancanza di una dimensione astratta nella determinazione dell’identità individuale è inoltre correlata a diverse peculiarità italiane, fra cui il fatto che il solo rapporto sociale reale risulta essere il rapporto personale. Ciò determina a sua volta una declinazione del potere fondata sulla complicità e un orizzonte necessariamente breve nell’esercizio dello stesso.
A fronte di tale articolazione antropologica degli italiani, viene brevemente tracciata l’evoluzione di quella élite anti-italiana che da un lato ha statuito il profilo dei «difetti morali» tipicamente nazionali e dall’altro si è storicamente posta - e si pone - in opposizione alla realtà rappresentata dai «costumi degli italiani». Il limite più grave di tale élite è la sua dipendenza identitaria dagli italiani stessi, senza i cui vizi non esisterebbe. A ciò va sommata la pretesa di dover «fare gli italiani» e l’illusione di una propria egemonia necessaria, assieme all’incapacità di immaginare un futuro che non coincida coi propri ideali e i propri valori. Questa debolezza immaginativa – che, nella cultura letteraria italiana, corrisponde alla debolezza del romanzo – ha infine condotto i critici della realtà italiana nell’attuale condizione di paralisi e di irrilevanza. Oggi, però, per un altro verso e parallelamente all’estinzione degli anti-italiani storici, l’incremento numerico degli emarginati intellettuali — sommariamente radunati nelle statistiche del cosiddetto «precariato intellettuale» — è andato definendo un tipo di anti-italiano nuovo, che, per la prima volta, si confronta con la realtà italiana sulla base delle proprie necessità esistenziali bloccate anziché su quella di un ideale astratto da incarnare.
In definitiva, non si comprende l’Italia senza considerare assieme carattere nazionale e ideale nazionale, la loro opposizione, ma soprattutto la loro congiunzione e perversa complementarità. È in questo intreccio che si concretizza il dolore identitario dell’essere italiani, ed è questa condizione, confusa e atrofizzante, che il saggio si propone di esplorare e descrivere.
Il saggio parte dalla dolorosa percezione di sdoppiamento etico, intellettuale, valoriale, che sta alla base dell’identità italiana. Questa è polarizzata fra l’ideale di un Paese «normale» e una realtà del tutto differente. L’Italia è infatti una società trasgressiva - un sistema, cioè, che prevede in se stesso la violazione delle proprie regole, e in cui l’adesione coerente a un qualunque insieme di valori non è fattore importante per l’identità personale. Questo insieme infatti in Italia è vincolato alla sola dimensione sensibile e sostituito da affetti e piaceri. La mancanza di una dimensione astratta nella determinazione dell’identità individuale è inoltre correlata a diverse peculiarità italiane, fra cui il fatto che il solo rapporto sociale reale risulta essere il rapporto personale. Ciò determina a sua volta una declinazione del potere fondata sulla complicità e un orizzonte necessariamente breve nell’esercizio dello stesso.
A fronte di tale articolazione antropologica degli italiani, viene brevemente tracciata l’evoluzione di quella élite anti-italiana che da un lato ha statuito il profilo dei «difetti morali» tipicamente nazionali e dall’altro si è storicamente posta - e si pone - in opposizione alla realtà rappresentata dai «costumi degli italiani». Il limite più grave di tale élite è la sua dipendenza identitaria dagli italiani stessi, senza i cui vizi non esisterebbe. A ciò va sommata la pretesa di dover «fare gli italiani» e l’illusione di una propria egemonia necessaria, assieme all’incapacità di immaginare un futuro che non coincida coi propri ideali e i propri valori. Questa debolezza immaginativa – che, nella cultura letteraria italiana, corrisponde alla debolezza del romanzo – ha infine condotto i critici della realtà italiana nell’attuale condizione di paralisi e di irrilevanza. Oggi, però, per un altro verso e parallelamente all’estinzione degli anti-italiani storici, l’incremento numerico degli emarginati intellettuali — sommariamente radunati nelle statistiche del cosiddetto «precariato intellettuale» — è andato definendo un tipo di anti-italiano nuovo, che, per la prima volta, si confronta con la realtà italiana sulla base delle proprie necessità esistenziali bloccate anziché su quella di un ideale astratto da incarnare.
In definitiva, non si comprende l’Italia senza considerare assieme carattere nazionale e ideale nazionale, la loro opposizione, ma soprattutto la loro congiunzione e perversa complementarità. È in questo intreccio che si concretizza il dolore identitario dell’essere italiani, ed è questa condizione, confusa e atrofizzante, che il saggio si propone di esplorare e descrivere.