La Manumissione. Nell'anno 1160 vivea in Saluzzo un arimanno[1] per nome Berardo della Quercia, il quale godea da lungo tempo tal grazia del suo signore, Marchese Manfredo, che sarebbe quasi potuta dirsi amicizia. Berardo, sfuggendo gli onori della corte e stando ordinariamente nei suoi campi, venia visitato dal Marchese e consultato sopra molti capi del suo governo: tanto era noto il retto animo ed il senno di quel buon suddito, per nobili prove ch'egli spesso ne avea date; e tanto a far pregiare simili doti giovava la sua singolare modestia. Il favore del Marchese non redimeva Berardo dal poco pregio, in cui il più de' Baroni, in cuor loro, teneanlo; perchè semplice arimanno; ed era anzi cagione che alcuni lo abborrissero. Fra questi annoveravasi Villigiso, signore di Mozzatorre, uomo prode, ma d'anima abbietta; il quale abborriva Berardo particolarmente, perchè questi l'aveva fatto stare a segno, alcuni anni addietro, quando, trovandosi entrambi ad una festa di nozze campestri, Villigiso s'era arrogata una famigliarità insolente colla sposa. Il marito erasi adirato e Villigiso l'avea percosso. Dove Berardo, non solo difese arditamente que' contadini e costrinse il temerario a ritirarsi; ma accusati quelli da Villigiso, Berardo sostenne la loro innocenza, e fu cagione che Manfredo pubblicasse una legge che tutelava sotto gravi pene, i matrimonii de' villici contro l'audacia de' Baroni. Dopo alcun tempo di lontananza dalla corte di Saluzzo, Villigiso fu rimesso in grazia; e benchè trattando poi con Berardo, mostrasse di non serbar memoria dello smacco ricevuto e desse anzi vista di condannare i proprii torti della gioventù, pure segretamente abborrivalo e meditava vendetta. Per mala ventura accadde, che il segretario di Villigiso, frugando in carte dimenticate da molti anni, trovò un documento, il quale indicava che Berardo della Quercia avea avuto per avo un servo del barone. Notavasi che questo servo era fuggito nella gioventù, avendo un bambino chiamato Iseppo; il quale, per testimonianza di molti, preso il mestiere dell'armi, era ito a combattere pel sepolcro del Salvatore. Il segretario poi si ricordò d'avere inteso dire che Berardo fosse figliuolo d'un crociato, posatosi già vecchio in Saluzzo. Prese maggiori informazioni, ed accortosi del fatto, il segretario diè di ogni cosa contezza al barone
La Manumissione. Nell'anno 1160 vivea in Saluzzo un arimanno[1] per nome Berardo della Quercia, il quale godea da lungo tempo tal grazia del suo signore, Marchese Manfredo, che sarebbe quasi potuta dirsi amicizia. Berardo, sfuggendo gli onori della corte e stando ordinariamente nei suoi campi, venia visitato dal Marchese e consultato sopra molti capi del suo governo: tanto era noto il retto animo ed il senno di quel buon suddito, per nobili prove ch'egli spesso ne avea date; e tanto a far pregiare simili doti giovava la sua singolare modestia. Il favore del Marchese non redimeva Berardo dal poco pregio, in cui il più de' Baroni, in cuor loro, teneanlo; perchè semplice arimanno; ed era anzi cagione che alcuni lo abborrissero. Fra questi annoveravasi Villigiso, signore di Mozzatorre, uomo prode, ma d'anima abbietta; il quale abborriva Berardo particolarmente, perchè questi l'aveva fatto stare a segno, alcuni anni addietro, quando, trovandosi entrambi ad una festa di nozze campestri, Villigiso s'era arrogata una famigliarità insolente colla sposa. Il marito erasi adirato e Villigiso l'avea percosso. Dove Berardo, non solo difese arditamente que' contadini e costrinse il temerario a ritirarsi; ma accusati quelli da Villigiso, Berardo sostenne la loro innocenza, e fu cagione che Manfredo pubblicasse una legge che tutelava sotto gravi pene, i matrimonii de' villici contro l'audacia de' Baroni. Dopo alcun tempo di lontananza dalla corte di Saluzzo, Villigiso fu rimesso in grazia; e benchè trattando poi con Berardo, mostrasse di non serbar memoria dello smacco ricevuto e desse anzi vista di condannare i proprii torti della gioventù, pure segretamente abborrivalo e meditava vendetta. Per mala ventura accadde, che il segretario di Villigiso, frugando in carte dimenticate da molti anni, trovò un documento, il quale indicava che Berardo della Quercia avea avuto per avo un servo del barone. Notavasi che questo servo era fuggito nella gioventù, avendo un bambino chiamato Iseppo; il quale, per testimonianza di molti, preso il mestiere dell'armi, era ito a combattere pel sepolcro del Salvatore. Il segretario poi si ricordò d'avere inteso dire che Berardo fosse figliuolo d'un crociato, posatosi già vecchio in Saluzzo. Prese maggiori informazioni, ed accortosi del fatto, il segretario diè di ogni cosa contezza al barone