Author: |
Lorenzo del Boca |
ISBN: |
9788851142032 |
Publisher: |
UTET |
Publication: |
September 13, 2016 |
Imprint: |
UTET |
Language: |
Italian |
Author: |
Lorenzo del Boca |
ISBN: |
9788851142032 |
Publisher: |
UTET |
Publication: |
September 13, 2016 |
Imprint: |
UTET |
Language: |
Italian |
La “questione veneta” costituisce una delle controverse eredità del Risorgimento. Un lascito che ancora oggi è vivo e che si riflette nella battaglia sostenuta da un numero sempre crescente di veneti per ottenere, attraverso un referendum, l’indipendenza. Ma quali sono le ragioni che animano questi “italiani riluttanti”? Quali sono le cause del loro impulso secessionista? Lorenzo Del Boca, lo studioso che da anni va scrivendo la “controstoria” del nostro Paese, ripercorre le tappe del grande tradimento subito da Venezia a partire dall’Ottocento, quando, nel giro di poco più di cinquant’anni, i liberi cittadini della ricca e fiorente Serenissima si ritrovarono sudditi, maltrattati e depredati, dapprima degli Austriaci e quindi dei Piemontesi. Se il primo tradimento fu compiuto nel 1797 da Napoleone con lo sciagurato trattato di Campoformio, l’apice fu raggiunto col plebiscito-truffa del 1866, in cui la percentuale di chi votò “pel sì” all’annessione fu del 99,99%, una cifra inverosimile e senza eguali nella storia, mai raggiunta nemmeno nei kolchoz di Stalin. Tra questi avvenimenti si trovano l’insuccesso delle rivolte del 1848 di Daniele Manin e Nicolò Tommaseo, mosse, per la verità, più dal desiderio di affrancarsi dal dominio asburgico che dalla volontà di aderire alla causa nazionale, e le azioni, non prive di ombre, di Garibaldi, La Marmora, Cialdini e Vittorio Emanuele II durante la Terza guerra d’indipendenza. Come le tessere di un mosaico, tutti questi avvenimenti si combinano in Venezia tradita per rendere evidenti le cause del radicato e diffuso malcontento veneto. Un sentimento che poggia su solidi dati di fatto: con il Risorgimento i veneti si sono visti declassati a cittadini di serie B, sono diventati i “terroni del Nord”, cui toccava lavorare per pagare le tasse che andavano – e vanno ancora – crescendo in peso e in molestia; si sono trovati a essere, insomma, la parte marginale e sfruttata di un Paese scalcagnato. D’altronde, ci ricorda Del Boca, il giorno dopo averla ottenuta, questa unità rattoppata non piaceva più nemmeno a quelli che si erano sforzati di farla.
La “questione veneta” costituisce una delle controverse eredità del Risorgimento. Un lascito che ancora oggi è vivo e che si riflette nella battaglia sostenuta da un numero sempre crescente di veneti per ottenere, attraverso un referendum, l’indipendenza. Ma quali sono le ragioni che animano questi “italiani riluttanti”? Quali sono le cause del loro impulso secessionista? Lorenzo Del Boca, lo studioso che da anni va scrivendo la “controstoria” del nostro Paese, ripercorre le tappe del grande tradimento subito da Venezia a partire dall’Ottocento, quando, nel giro di poco più di cinquant’anni, i liberi cittadini della ricca e fiorente Serenissima si ritrovarono sudditi, maltrattati e depredati, dapprima degli Austriaci e quindi dei Piemontesi. Se il primo tradimento fu compiuto nel 1797 da Napoleone con lo sciagurato trattato di Campoformio, l’apice fu raggiunto col plebiscito-truffa del 1866, in cui la percentuale di chi votò “pel sì” all’annessione fu del 99,99%, una cifra inverosimile e senza eguali nella storia, mai raggiunta nemmeno nei kolchoz di Stalin. Tra questi avvenimenti si trovano l’insuccesso delle rivolte del 1848 di Daniele Manin e Nicolò Tommaseo, mosse, per la verità, più dal desiderio di affrancarsi dal dominio asburgico che dalla volontà di aderire alla causa nazionale, e le azioni, non prive di ombre, di Garibaldi, La Marmora, Cialdini e Vittorio Emanuele II durante la Terza guerra d’indipendenza. Come le tessere di un mosaico, tutti questi avvenimenti si combinano in Venezia tradita per rendere evidenti le cause del radicato e diffuso malcontento veneto. Un sentimento che poggia su solidi dati di fatto: con il Risorgimento i veneti si sono visti declassati a cittadini di serie B, sono diventati i “terroni del Nord”, cui toccava lavorare per pagare le tasse che andavano – e vanno ancora – crescendo in peso e in molestia; si sono trovati a essere, insomma, la parte marginale e sfruttata di un Paese scalcagnato. D’altronde, ci ricorda Del Boca, il giorno dopo averla ottenuta, questa unità rattoppata non piaceva più nemmeno a quelli che si erano sforzati di farla.