Author: | Giorgio Badiali | ISBN: | 9788892581746 |
Publisher: | Giorgio Badiali | Publication: | March 28, 2016 |
Imprint: | Language: | Italian |
Author: | Giorgio Badiali |
ISBN: | 9788892581746 |
Publisher: | Giorgio Badiali |
Publication: | March 28, 2016 |
Imprint: | |
Language: | Italian |
L’ulivo è un albero che, nella sua lunga vita, è signore del tempo più di quanto non lo siano gli uomini che, succedendosi negli anni, credono di possederlo. I suoi tronchi rugosi e contorti, sono depositari di un a storia centenaria, di cui le varie generazioni rappresentano solo modesti capitoli. Sotto le sue ombre l’autore immagina di rivivere fatti e pensieri della sua vita, cominciando dalle esperienze estremamente drammatiche vissute da bambino
nei castelli romani durante la guerra, nei mesi del fronte di Cassino e dello sbarco di Anzio. Gli allarmi e i bombardamenti erano continui. Colpiti per lo più obbiettivi civili, in particolare istituti religiosi, fra cui il convento delle Clarisse ad Albano Laziale. Il comando tedesco impone, armi alla mano, lo sfollamento dell’intera popolazione. 15.000 persone vengono accolte per volontà di Pio XII nelle ville vaticane di Castel Gandolfo, che gli Alleati purtroppo non risparmiano, violando la cosiddetta extraterritorialità di quei luoghi. Infatti, il 10 febbraio del 1944 il collegio di Propaganda Fide, ivi situato, venne distrutto da un terrificante bombardamento. Fu uno strage: 700 morti, e l’autore era lì, scampato per puro miracolo. Alcune poesie rievocano le esperienze sconvolgenti di quel bambino in mezzo a un vero e proprio inferno, e contengono riflessioni sulla guerra, sull’inutile insegnamento della storia, come pure un severo giudizio su quegli uomini cosiddetti “grandi” che devono la loro presunta grandezza al sacrificio di tanti loro simili.
Per mesi, tra fame e terrore, si vive in una spelonca sulle rive del lago. Poi l’esodo verso le Marche, a Maiolati Spontini, nei castelli di Jesi, dove la guerra causa altre sofferenze descritte in alcuni componimenti che parlano di violenze, razzie e retate compiute dai militari germanici ormai in ritirata.
Ma l’ulivo, nel suo rigoglioso ambiente agreste, è testimone anche di esperienze liete , che trovano un’eco, sotto il titolo “La natura”, in alcune poesie dedicate a vari animali, come la volpe e persino l’umile lombrico, o uccelli come l’upupa, la gazza ladra, o la capinera , che suggeriscono spunti e meditazioni sul mondo degli uomini. Appartengono a questa ispirazione bucolica anche descrizioni, a volte melanconiche altre volte divertenti, di paesini e paesaggi agresti dell’Umbria e della Toscana visitati in brevi viaggi. L’ultimo capitolo, intitolato “Pensieri”, suggerito dalla consapevolezza di una vita ormai al tramonto, esprime, in tono particolarmente lirico, meditazioni sull’esistenza umana nei suoi molteplici aspetti, sottolineando in modo struggente, l’alternarsi delle sorti umane, fra sofferenze, gioie, dolorosi ricordi e rimpianti, nell’inesorabile scorrere del tempo.
L’ulivo è un albero che, nella sua lunga vita, è signore del tempo più di quanto non lo siano gli uomini che, succedendosi negli anni, credono di possederlo. I suoi tronchi rugosi e contorti, sono depositari di un a storia centenaria, di cui le varie generazioni rappresentano solo modesti capitoli. Sotto le sue ombre l’autore immagina di rivivere fatti e pensieri della sua vita, cominciando dalle esperienze estremamente drammatiche vissute da bambino
nei castelli romani durante la guerra, nei mesi del fronte di Cassino e dello sbarco di Anzio. Gli allarmi e i bombardamenti erano continui. Colpiti per lo più obbiettivi civili, in particolare istituti religiosi, fra cui il convento delle Clarisse ad Albano Laziale. Il comando tedesco impone, armi alla mano, lo sfollamento dell’intera popolazione. 15.000 persone vengono accolte per volontà di Pio XII nelle ville vaticane di Castel Gandolfo, che gli Alleati purtroppo non risparmiano, violando la cosiddetta extraterritorialità di quei luoghi. Infatti, il 10 febbraio del 1944 il collegio di Propaganda Fide, ivi situato, venne distrutto da un terrificante bombardamento. Fu uno strage: 700 morti, e l’autore era lì, scampato per puro miracolo. Alcune poesie rievocano le esperienze sconvolgenti di quel bambino in mezzo a un vero e proprio inferno, e contengono riflessioni sulla guerra, sull’inutile insegnamento della storia, come pure un severo giudizio su quegli uomini cosiddetti “grandi” che devono la loro presunta grandezza al sacrificio di tanti loro simili.
Per mesi, tra fame e terrore, si vive in una spelonca sulle rive del lago. Poi l’esodo verso le Marche, a Maiolati Spontini, nei castelli di Jesi, dove la guerra causa altre sofferenze descritte in alcuni componimenti che parlano di violenze, razzie e retate compiute dai militari germanici ormai in ritirata.
Ma l’ulivo, nel suo rigoglioso ambiente agreste, è testimone anche di esperienze liete , che trovano un’eco, sotto il titolo “La natura”, in alcune poesie dedicate a vari animali, come la volpe e persino l’umile lombrico, o uccelli come l’upupa, la gazza ladra, o la capinera , che suggeriscono spunti e meditazioni sul mondo degli uomini. Appartengono a questa ispirazione bucolica anche descrizioni, a volte melanconiche altre volte divertenti, di paesini e paesaggi agresti dell’Umbria e della Toscana visitati in brevi viaggi. L’ultimo capitolo, intitolato “Pensieri”, suggerito dalla consapevolezza di una vita ormai al tramonto, esprime, in tono particolarmente lirico, meditazioni sull’esistenza umana nei suoi molteplici aspetti, sottolineando in modo struggente, l’alternarsi delle sorti umane, fra sofferenze, gioie, dolorosi ricordi e rimpianti, nell’inesorabile scorrere del tempo.