È lontana Bahia, lontano lo strepito dei suoi colori, la contagiosa allegria delle sue notti d’argento. In Alte uniformi e camicie da notte vibra sonora e struggente la corda dell’impegno politico, ma non per questo Amado ha smesso di intenerirci e di stupirci, di commuoverci di farci sorridere. Nel Brasile del 1940, retto da una dittatura che intrattiene rapporti idilliaci con la Germania nazista, due anziani letterati, armati delle sole armi del candore e dell’astuzia, si battono per impedire che il seggio dell’Accademia, rimasto vacante in seguito alla morte del grande poeta antifascista Antônio Bruno, venga indegnamente occupato dal colonnello Pereira, personaggio di spicco della repressione antidemocratica, oltre che «pessimo scrittore». Hanno così inizio le grandi manovre dei nostri due donchisciotte, e il romanzo ci narra in rapide, brevi sequenze la loro lotta senza quartiere, che ben presto acquista risonanza nazionale. In straordinari, spericolati flash back, che sono una nota costante nei romanzi di Amado, è rievocata la vita piena e generosa del poeta scomparso, capace di passioni intense e spregiudicate, modello di letterato ben diverso da quello caro al regime, forse un velato autoritratto dello stesso Amado. Qual è la morale di questa vicenda ricca di colpi di scena, di tragicomiche situazioni politico-erotiche, dove si impone l’eroismo tutto quotidiano di chi intende tener fede ai valori della cultura e dell’arte? Ce lo dice Amado, a conclusione di questa sua bellissima «favola»: «Guardatevi in giro: in tutto il mondo ritornano le tenebre dell’oscurantismo, la guerra contro il popolo, la prepotenza. Ma, come si dimostra in queste pagine, è sempre possibile piantare un seme, accendere una speranza!».
È lontana Bahia, lontano lo strepito dei suoi colori, la contagiosa allegria delle sue notti d’argento. In Alte uniformi e camicie da notte vibra sonora e struggente la corda dell’impegno politico, ma non per questo Amado ha smesso di intenerirci e di stupirci, di commuoverci di farci sorridere. Nel Brasile del 1940, retto da una dittatura che intrattiene rapporti idilliaci con la Germania nazista, due anziani letterati, armati delle sole armi del candore e dell’astuzia, si battono per impedire che il seggio dell’Accademia, rimasto vacante in seguito alla morte del grande poeta antifascista Antônio Bruno, venga indegnamente occupato dal colonnello Pereira, personaggio di spicco della repressione antidemocratica, oltre che «pessimo scrittore». Hanno così inizio le grandi manovre dei nostri due donchisciotte, e il romanzo ci narra in rapide, brevi sequenze la loro lotta senza quartiere, che ben presto acquista risonanza nazionale. In straordinari, spericolati flash back, che sono una nota costante nei romanzi di Amado, è rievocata la vita piena e generosa del poeta scomparso, capace di passioni intense e spregiudicate, modello di letterato ben diverso da quello caro al regime, forse un velato autoritratto dello stesso Amado. Qual è la morale di questa vicenda ricca di colpi di scena, di tragicomiche situazioni politico-erotiche, dove si impone l’eroismo tutto quotidiano di chi intende tener fede ai valori della cultura e dell’arte? Ce lo dice Amado, a conclusione di questa sua bellissima «favola»: «Guardatevi in giro: in tutto il mondo ritornano le tenebre dell’oscurantismo, la guerra contro il popolo, la prepotenza. Ma, come si dimostra in queste pagine, è sempre possibile piantare un seme, accendere una speranza!».