Scritto nel 1513, testo cardine del pensiero politico occidentale, il “Principe” è concepito nell’orizzonte della crisi italiana da un intellettuale che aveva lucida consapevolezza della decadenza cui ogni ordinamento statale è destinato. Il principe nuovo qui delineato avrebbe dovuto valersi non più soltanto della lezione degli antichi, ma anche della lunga esperienza delle cose moderne. Ecco manifestarsi in questo quadro l’inefficacia dell’analogia storica: la sola conoscenza delle azioni “delli uomini grandi” non era più una bussola sufficiente a orientarsi nel presente. Il libro guarda al grande edificio conoscitivo machiavelliano come strumento di analisi politica utile ad arginare l’impeto della fortuna, come una teoria della virtù nel suo rapporto con la storia.
Scritto nel 1513, testo cardine del pensiero politico occidentale, il “Principe” è concepito nell’orizzonte della crisi italiana da un intellettuale che aveva lucida consapevolezza della decadenza cui ogni ordinamento statale è destinato. Il principe nuovo qui delineato avrebbe dovuto valersi non più soltanto della lezione degli antichi, ma anche della lunga esperienza delle cose moderne. Ecco manifestarsi in questo quadro l’inefficacia dell’analogia storica: la sola conoscenza delle azioni “delli uomini grandi” non era più una bussola sufficiente a orientarsi nel presente. Il libro guarda al grande edificio conoscitivo machiavelliano come strumento di analisi politica utile ad arginare l’impeto della fortuna, come una teoria della virtù nel suo rapporto con la storia.