Author: | Antonino Cutrera, Placido Currò, Saverio Di Bella | ISBN: | 9788899045128 |
Publisher: | Edizioni Il Grano | Publication: | March 26, 2015 |
Imprint: | Language: | Italian |
Author: | Antonino Cutrera, Placido Currò, Saverio Di Bella |
ISBN: | 9788899045128 |
Publisher: | Edizioni Il Grano |
Publication: | March 26, 2015 |
Imprint: | |
Language: | Italian |
Oggi come nel passato, il dibattito sulla mafia, tanto per l'origine, quanto per l'utilizzo funzionale dei contenuti di sistema, elimina da subito il metro di misura che fornisce i criteri necessari a cogliere le sfumature essenziali o le mura portanti del fenomeno. Il parlare di mafia, o di resistenza alla mafia, presuppone perciò il disincanto, e cioè l'eliminazione di una sovraccoperta che in altri modi ieri, e molto più subdolamente adesso si è voluto interporre tra il fatto e la sua lettura. Anche perché, e ciò non è banale, l'autorappresentazione della mafia mutando nel tempo, nel tempo si confonde, perde le aderenze e sfuma nel complesso, nelle «affinità negate», in parte pure non coscientemente, complicando le analisi sulle sedimentazioni e sulle stratificazioni della stessa a livello di tessuto sociale e connettivo.
Il problema non riguarda l'evoluzione storica della mafia armata, del braccio che esegue gli ordini, da anni sotto attenta osservazione, diligentemente marchiato come il corpo canceroso che intacca la superficie, il marcio che rende bene l'orrido che abbrutisce, il capro espiatorio della moralità sociale. Il nucleo sostanziale del discorso va a toccare l'articolazione superiore del sistema mafioso, e cioè il luogo dove il progetto si realizza nel suo proponimento, nella sua organizzazione, si potrebbe dire nel suo farsi strategico. Laddove non vi è il sangue del fatto compiuto ma il suo pensiero, laddove, rimosso il cadavere, rimane il «grumo».
Oggi come nel passato, il dibattito sulla mafia, tanto per l'origine, quanto per l'utilizzo funzionale dei contenuti di sistema, elimina da subito il metro di misura che fornisce i criteri necessari a cogliere le sfumature essenziali o le mura portanti del fenomeno. Il parlare di mafia, o di resistenza alla mafia, presuppone perciò il disincanto, e cioè l'eliminazione di una sovraccoperta che in altri modi ieri, e molto più subdolamente adesso si è voluto interporre tra il fatto e la sua lettura. Anche perché, e ciò non è banale, l'autorappresentazione della mafia mutando nel tempo, nel tempo si confonde, perde le aderenze e sfuma nel complesso, nelle «affinità negate», in parte pure non coscientemente, complicando le analisi sulle sedimentazioni e sulle stratificazioni della stessa a livello di tessuto sociale e connettivo.
Il problema non riguarda l'evoluzione storica della mafia armata, del braccio che esegue gli ordini, da anni sotto attenta osservazione, diligentemente marchiato come il corpo canceroso che intacca la superficie, il marcio che rende bene l'orrido che abbrutisce, il capro espiatorio della moralità sociale. Il nucleo sostanziale del discorso va a toccare l'articolazione superiore del sistema mafioso, e cioè il luogo dove il progetto si realizza nel suo proponimento, nella sua organizzazione, si potrebbe dire nel suo farsi strategico. Laddove non vi è il sangue del fatto compiuto ma il suo pensiero, laddove, rimosso il cadavere, rimane il «grumo».