Author: | Irene Dische | ISBN: | 9788854505575 |
Publisher: | Neri Pozza | Publication: | June 17, 2011 |
Imprint: | Neri Pozza | Language: | Italian |
Author: | Irene Dische |
ISBN: | 9788854505575 |
Publisher: | Neri Pozza |
Publication: | June 17, 2011 |
Imprint: | Neri Pozza |
Language: | Italian |
Quando negli anni Venti conobbe Carl, Elisabeth Röther era veramente un fiore… un fiore germanico: folti capelli castani, naso fine, occhioni azzurri luminosi come mappamondi e labbra perfettamente scarnite. Bastava guardarla per capire che la sua famiglia - medici, avvocati, ingegneri, prelati della Renania, cattolici da innumerevoli generazioni - doveva aver avuto ascendenze nobiliari. Carl, invece, aveva gli occhi ancora più grandi ma neri, un naso adunco, le ossa spesse. Suo padre era proprietario di un negozio di ferramenta in una cittadina dell’Alta Slesia. Nella sua famiglia gli uomini portavano lo zucchetto e le donne la parrucca, poiché erano ebrei da innumerevoli generazioni. Quando Carl e Elisabeth si sposarono, Carl indossava l’uniforme, con tanto di medaglie e spadino alla cintola. Sembrava il classico gentiluomo tedesco dalle credenziali morali ineccepibili. E del resto, era un medico rispettabile, un chirurgo di prim’ordine. Per la famiglia di Elisabeth, però, quel matrimonio non era soltanto un errore, era il primo passo verso il baratro. Il gelido Otto, il fratello maggiore di Elisabeth, non proferì parola. Le sorelle si limitarono a guardarla con lo sguardo prostrato dal dolore. I genitori continuarono a ripetere per giorni kleine Idiotin. Ma Elisabeth amava il suo sposo ebreo, l’amava così tanto che quando nel ’37 divennero tragicamente evidenti gli effetti della legge nazista «per la protezione del sangue e dell’onore tedesco», scappò col suo amato marito dagli occhi neri e il naso grosso in America, nel New Jersey, una terra nuova ma barbara, una terra che non conosceva nobiltà, mentre i suoi fratelli diventavano gerarchi del regime. La nonna vuota il sacco è il racconto della vita di Elisabeth e Carl fatto da Elisabeth. Una storia terribile, ma anche una storia piena di vita, forza, coraggio. E, soprattutto, una storia che Elisabeth, da buona cattolica della Renania, narra senza peli sulla lingua. I segreti del suo talamo coniugale, gli ebrei, la grazia di Dio o la Gestapo, per lei non c’è argomento su cui sia vietato mettere becco. E non c’è nessuna catastrofe, nemmeno la fuga in America o la Seconda guerra mondiale, che possa distoglierla dall’occuparsi della sua famiglia, anzi degli infiniti rami che la sua famiglia ha sparso per il mondo. Non c’è da stupirsi, dunque, che questa commedia drammatica sulle tragedie che ci siamo appena lasciate alle spalle, narrata da una voce sfacciatamente senza tabù, anzi così innocentemente piena di fisime e pregiudizi, di bugie e preconcetti, abbia conquistato il cuore di centinaia di migliaia di lettori nel mondo.
Quando negli anni Venti conobbe Carl, Elisabeth Röther era veramente un fiore… un fiore germanico: folti capelli castani, naso fine, occhioni azzurri luminosi come mappamondi e labbra perfettamente scarnite. Bastava guardarla per capire che la sua famiglia - medici, avvocati, ingegneri, prelati della Renania, cattolici da innumerevoli generazioni - doveva aver avuto ascendenze nobiliari. Carl, invece, aveva gli occhi ancora più grandi ma neri, un naso adunco, le ossa spesse. Suo padre era proprietario di un negozio di ferramenta in una cittadina dell’Alta Slesia. Nella sua famiglia gli uomini portavano lo zucchetto e le donne la parrucca, poiché erano ebrei da innumerevoli generazioni. Quando Carl e Elisabeth si sposarono, Carl indossava l’uniforme, con tanto di medaglie e spadino alla cintola. Sembrava il classico gentiluomo tedesco dalle credenziali morali ineccepibili. E del resto, era un medico rispettabile, un chirurgo di prim’ordine. Per la famiglia di Elisabeth, però, quel matrimonio non era soltanto un errore, era il primo passo verso il baratro. Il gelido Otto, il fratello maggiore di Elisabeth, non proferì parola. Le sorelle si limitarono a guardarla con lo sguardo prostrato dal dolore. I genitori continuarono a ripetere per giorni kleine Idiotin. Ma Elisabeth amava il suo sposo ebreo, l’amava così tanto che quando nel ’37 divennero tragicamente evidenti gli effetti della legge nazista «per la protezione del sangue e dell’onore tedesco», scappò col suo amato marito dagli occhi neri e il naso grosso in America, nel New Jersey, una terra nuova ma barbara, una terra che non conosceva nobiltà, mentre i suoi fratelli diventavano gerarchi del regime. La nonna vuota il sacco è il racconto della vita di Elisabeth e Carl fatto da Elisabeth. Una storia terribile, ma anche una storia piena di vita, forza, coraggio. E, soprattutto, una storia che Elisabeth, da buona cattolica della Renania, narra senza peli sulla lingua. I segreti del suo talamo coniugale, gli ebrei, la grazia di Dio o la Gestapo, per lei non c’è argomento su cui sia vietato mettere becco. E non c’è nessuna catastrofe, nemmeno la fuga in America o la Seconda guerra mondiale, che possa distoglierla dall’occuparsi della sua famiglia, anzi degli infiniti rami che la sua famiglia ha sparso per il mondo. Non c’è da stupirsi, dunque, che questa commedia drammatica sulle tragedie che ci siamo appena lasciate alle spalle, narrata da una voce sfacciatamente senza tabù, anzi così innocentemente piena di fisime e pregiudizi, di bugie e preconcetti, abbia conquistato il cuore di centinaia di migliaia di lettori nel mondo.