Author: | Eleanor LeJune | ISBN: | 1230000684163 |
Publisher: | Self-Publish | Publication: | September 25, 2015 |
Imprint: | Language: | Italian |
Author: | Eleanor LeJune |
ISBN: | 1230000684163 |
Publisher: | Self-Publish |
Publication: | September 25, 2015 |
Imprint: | |
Language: | Italian |
Il libro che vi state accingendo a leggere parla della condizione della donna turca nel 1800, primi del novecento.
Trattasi di una relazione di un viaggio compiuto da un occidentale nell’Impero ottomano. Ne viene fuori uno spaccato che ha dell’incredibile e che contrasta anche con quanto scritto da Alev Lytle Croutier nel suo splendido libro Harem. Il Mondo dietro il velo.
Leggendo il brano che segue e confrontandolo con quanto leggerete poi, capirete cosa intendo dire e cioè che la vita di una concubina era di una tristezza assoluta.
“Alla fine dell'Ottocento, salito al trono Abdul Hamid II, la musica finì e la gaiezza cessò. Ossessionato da una paura paranoica di essere assassinato, il sultano bandì ogni riunione, compresi gli spettacoli musicali, le passeggiate in barca e le danze. Il suo regno divenne un periodo di lutto sociale. In Turkey Today (1908), Grace Ellison registra la reazione di una donna a questo triste sviluppo, mentre nelle parole di Halide Edip, del 1914, sentiamo il peso della noia e della depressione che devono essere discese su tutte le donne degli harem, quando vennero private di quelle preziose distrazioni:
Siamo pigre, inutili e quindi molto infelici. Dappertutto c'è molto bisogno delle donne; ci sono lavori che noi possiamo fare, ma i costumi del paese non ce lo permettono.
Se avessimo avuto il cieco fatalismo delle nostre nonne, probabilmente avremmo sofferto meno, ma con la cultura, come spesso accade, cominciammo a dubitare della saggezza di quella fede che sarebbe stata la nostra consolazione. Analizzammo la nostra vita e non vi scoprimmo nient'altro che ingiustizie e crudeltà, dolore non necessario. Rassegnazione e cultura non possono andare d'accordo.
Come posso farvi capire l’angoscia della nostra vita quotidiana, il nostro continuo terrore? Nessuno, se quella esistenza non l’ha provata, può immaginare il dolore della vita di una donna turca. Il dolore appartiene alle donne turche, esse ne hanno acquistato il diritto con le loro anime. La storia di quale paese potrebbe essere più terribile del regno in cui viviamo? Direte che sono morbosa; forse è vero, ma come potrei essere diversa quando gli anni migliori della mia vita, sono stati avvelenati?
Mi chiedete come passo la giornata? Sognando, soprattutto. Cos'altro posso fare? La vista del Bosforo con le navi che vanno e vengono sono la consolazione di noi prigioniere. Le navi sono per noi madrine incantate che un giorno ci porteranno via, in qualche posto che non sappiamo...
Guardiamo al Bosforo attraverso le finestre chiuse da grate e ringraziamo Allah che ci concede almeno questo piacere.
Diversamente da molte donne dell'harem, io scrivo... Questa corrispondenza è il lato solare della mia esistenza e nei momenti di particolare disperazione e di rivolta, poiché sono pur sempre infelici, mi rifugio in questa corrispondenza indirizzata a nessuno in particolare.
Eppure, scrivendo, rischio la vita. Che me ne importa?
Ascoltate: come odio l’educazione e la cultura occidentale per la sofferenza che mi hanno procurato! Perché sono nata in un harem invece di essere una di quelle europee libere di cui ho letto? Perché il fato ha scelto certe persone invece che altre per questa sofferenza eterna?
Talvolta cantiamo, accompagnando la nostra musica orientale con un liuto turco. Ma le nostre canzoni sono tutte in chiave minore, i nostri paesaggi sono velati dalla tristezza e qualche volta la futilità e l’interminabile dolore della nostra esistenza ci soffocano e ci fanno sgorgare le lacrime, ma spesso la nostra vita pesa troppo sull’anima e non abbiamo più lacrime.
Niente la può cambiare se non la morte.
Come una vera figlia della mia razza, comincio la giornata con "buoni propositi". Voglio fare qualche cosa per mostrare che almeno ho contato le ore, man a mano che si trascinavano! Arriva la notte, la mia dadi [vecchia balia] viene a svestirmi e a intrecciarmi i capelli... Piombo sul divano e mi addormento subito, spossata da quella fatica che non ho neppure fatto.”
Da Alev Lytle Croutier - Harem. Il Mondo dietro il velo – Idea Libri - 1989
La realtà, quindi, è ben diversa da quella narrata dagli scrittori o evocata dai pittori dell’Ottocento che ci mostrano le donne turche quasi sempre nude o seminude, come testimoniano le illustrazioni di questo libro.
Dopo la relazione di viaggio del signor F. Jerusalemy, vi proponiamo un racconto di Eleanor LeJune ed alcuni brani tratti dai suoi racconti e romanzi, che ha curato la presente edizione del libro, che analizza in senso erotico una delle tante sfaccettature del Serraglio del Sultano, l’Harem.
Il libro che vi state accingendo a leggere parla della condizione della donna turca nel 1800, primi del novecento.
Trattasi di una relazione di un viaggio compiuto da un occidentale nell’Impero ottomano. Ne viene fuori uno spaccato che ha dell’incredibile e che contrasta anche con quanto scritto da Alev Lytle Croutier nel suo splendido libro Harem. Il Mondo dietro il velo.
Leggendo il brano che segue e confrontandolo con quanto leggerete poi, capirete cosa intendo dire e cioè che la vita di una concubina era di una tristezza assoluta.
“Alla fine dell'Ottocento, salito al trono Abdul Hamid II, la musica finì e la gaiezza cessò. Ossessionato da una paura paranoica di essere assassinato, il sultano bandì ogni riunione, compresi gli spettacoli musicali, le passeggiate in barca e le danze. Il suo regno divenne un periodo di lutto sociale. In Turkey Today (1908), Grace Ellison registra la reazione di una donna a questo triste sviluppo, mentre nelle parole di Halide Edip, del 1914, sentiamo il peso della noia e della depressione che devono essere discese su tutte le donne degli harem, quando vennero private di quelle preziose distrazioni:
Siamo pigre, inutili e quindi molto infelici. Dappertutto c'è molto bisogno delle donne; ci sono lavori che noi possiamo fare, ma i costumi del paese non ce lo permettono.
Se avessimo avuto il cieco fatalismo delle nostre nonne, probabilmente avremmo sofferto meno, ma con la cultura, come spesso accade, cominciammo a dubitare della saggezza di quella fede che sarebbe stata la nostra consolazione. Analizzammo la nostra vita e non vi scoprimmo nient'altro che ingiustizie e crudeltà, dolore non necessario. Rassegnazione e cultura non possono andare d'accordo.
Come posso farvi capire l’angoscia della nostra vita quotidiana, il nostro continuo terrore? Nessuno, se quella esistenza non l’ha provata, può immaginare il dolore della vita di una donna turca. Il dolore appartiene alle donne turche, esse ne hanno acquistato il diritto con le loro anime. La storia di quale paese potrebbe essere più terribile del regno in cui viviamo? Direte che sono morbosa; forse è vero, ma come potrei essere diversa quando gli anni migliori della mia vita, sono stati avvelenati?
Mi chiedete come passo la giornata? Sognando, soprattutto. Cos'altro posso fare? La vista del Bosforo con le navi che vanno e vengono sono la consolazione di noi prigioniere. Le navi sono per noi madrine incantate che un giorno ci porteranno via, in qualche posto che non sappiamo...
Guardiamo al Bosforo attraverso le finestre chiuse da grate e ringraziamo Allah che ci concede almeno questo piacere.
Diversamente da molte donne dell'harem, io scrivo... Questa corrispondenza è il lato solare della mia esistenza e nei momenti di particolare disperazione e di rivolta, poiché sono pur sempre infelici, mi rifugio in questa corrispondenza indirizzata a nessuno in particolare.
Eppure, scrivendo, rischio la vita. Che me ne importa?
Ascoltate: come odio l’educazione e la cultura occidentale per la sofferenza che mi hanno procurato! Perché sono nata in un harem invece di essere una di quelle europee libere di cui ho letto? Perché il fato ha scelto certe persone invece che altre per questa sofferenza eterna?
Talvolta cantiamo, accompagnando la nostra musica orientale con un liuto turco. Ma le nostre canzoni sono tutte in chiave minore, i nostri paesaggi sono velati dalla tristezza e qualche volta la futilità e l’interminabile dolore della nostra esistenza ci soffocano e ci fanno sgorgare le lacrime, ma spesso la nostra vita pesa troppo sull’anima e non abbiamo più lacrime.
Niente la può cambiare se non la morte.
Come una vera figlia della mia razza, comincio la giornata con "buoni propositi". Voglio fare qualche cosa per mostrare che almeno ho contato le ore, man a mano che si trascinavano! Arriva la notte, la mia dadi [vecchia balia] viene a svestirmi e a intrecciarmi i capelli... Piombo sul divano e mi addormento subito, spossata da quella fatica che non ho neppure fatto.”
Da Alev Lytle Croutier - Harem. Il Mondo dietro il velo – Idea Libri - 1989
La realtà, quindi, è ben diversa da quella narrata dagli scrittori o evocata dai pittori dell’Ottocento che ci mostrano le donne turche quasi sempre nude o seminude, come testimoniano le illustrazioni di questo libro.
Dopo la relazione di viaggio del signor F. Jerusalemy, vi proponiamo un racconto di Eleanor LeJune ed alcuni brani tratti dai suoi racconti e romanzi, che ha curato la presente edizione del libro, che analizza in senso erotico una delle tante sfaccettature del Serraglio del Sultano, l’Harem.