Author: | Olivieri Antonello | ISBN: | 9788892168640 |
Publisher: | Giappichelli Editore | Publication: | October 4, 2017 |
Imprint: | Giappichelli Editore | Language: | Italian |
Author: | Olivieri Antonello |
ISBN: | 9788892168640 |
Publisher: | Giappichelli Editore |
Publication: | October 4, 2017 |
Imprint: | Giappichelli Editore |
Language: | Italian |
Ho avuto modo di seguire il libro del dott. Olivieri durante la sua impostazione e, quando mi è stato chiesto se avessi voluto scrivere questa prefazione, ne sono stato lieto. Mi fa piacere partecipare l’interesse per l’opera, il giudizio positivo maturato durante la stesura e la grande considerazione nutrita per l’Autore. Un po’ temerario (come deve essere chi si dedica alla ricerca), il dott. Olivieri vuole riflettere su alcuni aspetti delle tutele del prestatore di opere di fronte alla trasformazione dell’organizzazione produttiva, nella quale siamo tutti immersi. In fondo, il lavoro è protezione o, se si vuole, giustizia, come dice Esiodo fino dall’inizio della nostra civiltà occidentale; la contrapposizione ergon e dike può suonare la prima delle varie, successive, sulle quali si articola la riflessione di questa monografia, capitolo per capitolo. Per un verso, le società umane vivono di contrapposizioni, a maggiore ragione di fronte al cambiamento costante e alla frammentazione di questa nostra esperienza di oggi, con quella precarietà e quella difficoltà relazionale sulle quali, in modo meritorio, indugia il dott. Olivieri. Per altro verso, se si vuole dibattere dell’impegno umano eterodiretto è difficile dare una verità assoluta ed essa potrebbe essere ingannevole e consolatoria solo in apparenza, se non si cercasse di svelare l’intima dialettica di interessi e di valori, di rapporti e di drammi individuali e collettivi nascosti intorno alla produzione e alla protezione giuridica che essa evoca e impone. Proprio perché non si ferma all’apparenza, ma cerca di capire fino in fondo quanto si cela nel dialogo fra ergon e dike (o, meglio, fra alcuni aspetti dell’uno e dell’altra), il libro del dott. Olivieri non annoia, anzi pone continui interrogativi e rimanda alla sensibilità del lettore. Soprattutto, ciò accade nel terzo capitolo, con il voluto rinvio a una delle opere più affascinanti e coinvolgenti della nostra cultura, L’elogio della pazzia, invocata quando la monografia elogia l’incertezza del diritto, tema di cui ho parlato qualche giorno fa a Toronto con il prof. Del Punta, quando questo libro era in bozze. L’elogio dell’incertezza potrebbe sorprendere e, forse, spiacere a qualcuno, se si considera quanto sia radicata nella sensibilità di oggi l’accettazione della certezza come bene indiscusso. A dire il vero, si potrebbe o si sarebbe potuto dire lo stesso della sanità di mente. Però, sottintende l’analisi del dott. Olivieri, se non ci si vuole arrestare nella ricerca e si vuole riflettere senza pregiudizi sulle contrapposizioni della nostra società, forse occorre un po’ di pazzia, come al lavoratore e all’equilibrio della nostra struttura economica può essere utile una qualche accettazione dell’incertezza del diritto. In fondo, come ricordava spesso il prof. Mario Giovanni Garofalo, la nullità o l’annullabilità del licenziamento dovrebbero comportare (sul piano civilistico e in ossequio ai principi generali del diritto privato) conseguenze di fronte alla quali tutte le successive discipline suonano come deroghe. Il dott. Olivieri ne è consapevole e si chiede se l’incertezza non sia una forma di riequilibrio delle opportunità sociali e contribuisca alla giustizia distributiva, come la pazzia può essere vista quale il motore stesso della vita. Una prefazione deve indurre curiosità di leggere e, per quanto può valere la mia opinione, non avrei esitazione ad accostarmi senza pregiudizi e con curiosità critica a una ricerca meditata, la quale non esita a cimentarsi con taluni dilemmi fondamentali della salvaguardia del lavoro nell’esperienza contemporanea. Enrico Gragnoli
Ho avuto modo di seguire il libro del dott. Olivieri durante la sua impostazione e, quando mi è stato chiesto se avessi voluto scrivere questa prefazione, ne sono stato lieto. Mi fa piacere partecipare l’interesse per l’opera, il giudizio positivo maturato durante la stesura e la grande considerazione nutrita per l’Autore. Un po’ temerario (come deve essere chi si dedica alla ricerca), il dott. Olivieri vuole riflettere su alcuni aspetti delle tutele del prestatore di opere di fronte alla trasformazione dell’organizzazione produttiva, nella quale siamo tutti immersi. In fondo, il lavoro è protezione o, se si vuole, giustizia, come dice Esiodo fino dall’inizio della nostra civiltà occidentale; la contrapposizione ergon e dike può suonare la prima delle varie, successive, sulle quali si articola la riflessione di questa monografia, capitolo per capitolo. Per un verso, le società umane vivono di contrapposizioni, a maggiore ragione di fronte al cambiamento costante e alla frammentazione di questa nostra esperienza di oggi, con quella precarietà e quella difficoltà relazionale sulle quali, in modo meritorio, indugia il dott. Olivieri. Per altro verso, se si vuole dibattere dell’impegno umano eterodiretto è difficile dare una verità assoluta ed essa potrebbe essere ingannevole e consolatoria solo in apparenza, se non si cercasse di svelare l’intima dialettica di interessi e di valori, di rapporti e di drammi individuali e collettivi nascosti intorno alla produzione e alla protezione giuridica che essa evoca e impone. Proprio perché non si ferma all’apparenza, ma cerca di capire fino in fondo quanto si cela nel dialogo fra ergon e dike (o, meglio, fra alcuni aspetti dell’uno e dell’altra), il libro del dott. Olivieri non annoia, anzi pone continui interrogativi e rimanda alla sensibilità del lettore. Soprattutto, ciò accade nel terzo capitolo, con il voluto rinvio a una delle opere più affascinanti e coinvolgenti della nostra cultura, L’elogio della pazzia, invocata quando la monografia elogia l’incertezza del diritto, tema di cui ho parlato qualche giorno fa a Toronto con il prof. Del Punta, quando questo libro era in bozze. L’elogio dell’incertezza potrebbe sorprendere e, forse, spiacere a qualcuno, se si considera quanto sia radicata nella sensibilità di oggi l’accettazione della certezza come bene indiscusso. A dire il vero, si potrebbe o si sarebbe potuto dire lo stesso della sanità di mente. Però, sottintende l’analisi del dott. Olivieri, se non ci si vuole arrestare nella ricerca e si vuole riflettere senza pregiudizi sulle contrapposizioni della nostra società, forse occorre un po’ di pazzia, come al lavoratore e all’equilibrio della nostra struttura economica può essere utile una qualche accettazione dell’incertezza del diritto. In fondo, come ricordava spesso il prof. Mario Giovanni Garofalo, la nullità o l’annullabilità del licenziamento dovrebbero comportare (sul piano civilistico e in ossequio ai principi generali del diritto privato) conseguenze di fronte alla quali tutte le successive discipline suonano come deroghe. Il dott. Olivieri ne è consapevole e si chiede se l’incertezza non sia una forma di riequilibrio delle opportunità sociali e contribuisca alla giustizia distributiva, come la pazzia può essere vista quale il motore stesso della vita. Una prefazione deve indurre curiosità di leggere e, per quanto può valere la mia opinione, non avrei esitazione ad accostarmi senza pregiudizi e con curiosità critica a una ricerca meditata, la quale non esita a cimentarsi con taluni dilemmi fondamentali della salvaguardia del lavoro nell’esperienza contemporanea. Enrico Gragnoli