Author: | Laura Tappatà | ISBN: | 9788896482124 |
Publisher: | Madonini Editore | Publication: | February 25, 2013 |
Imprint: | Language: | Italian |
Author: | Laura Tappatà |
ISBN: | 9788896482124 |
Publisher: | Madonini Editore |
Publication: | February 25, 2013 |
Imprint: | |
Language: | Italian |
Da alcuni anni assistiamo all'emergere di nuove forme di malesseri emotivi, di disturbi psicologici e differenti manifestazioni di patologie già note che, rispetto al passato, si presentano con maggiore precocità e complessità.
Forse, il vero rischio del tempo delle passioni tristi è la mancanza di equilibrio e di competenza personale, ma anche la noia, l'inefficace ricerca di un benessere effimero, condizioni che riescono, in alcuni casi, a inquinare anche la "passione di tutte le passioni": l'amore.
Questo testo vuole riflettere su un quesito gravemente attuale e frequente, sulle sue origini culturali, politiche, psicologiche.
Come può una donna accettare la violenza fisica e metafisica dal proprio partner? Ed è possibile amare troppo? La risposta è sì. Tutte le volte che giustifichiamo degli eccessi, quando la nostra relazione mette a rischio il nostro benessere emotivo, la nostra salute e la nostra sicurezza, quando ci adattiamo a tutto pensando che se saremo affettuosi, comprensivi, attraenti, il nostro partner cambierà atteggiamenti, solo per amore nostro, in quel caso stiamo rischiando di amare troppo.
L'amore, per i dipendenti affettivi, è ossessivo, soffocante, è parassitario. Il malato d'amore è un "donatore" di amore a senso unico, è un intossicato che prova un malessere psicologico e fisiologico come se fosse dipendente da qualche sostanza; che cosa possiamo fare per contrastare tutto questo?
Possiamo fare la scelta di un impegno etico: un impegno mirato alla costruzione di senso della nostra esistenza e di quella degli altri, un impegno che preveda delle parole chiave, che sono benessere, equilibrio, desiderio.
E come donne, possiamo sperimentare il nostro valore sia quando ci prendiamo cura degli altri e riconosciamo a noi stesse i meriti delle nostre competenze interpersonali, ma anche quando accettiamo la sana ambizione di voler salire sul palcoscenico come protagoniste, mai vittime di nessuno e di alcun sentimento.
Da alcuni anni assistiamo all'emergere di nuove forme di malesseri emotivi, di disturbi psicologici e differenti manifestazioni di patologie già note che, rispetto al passato, si presentano con maggiore precocità e complessità.
Forse, il vero rischio del tempo delle passioni tristi è la mancanza di equilibrio e di competenza personale, ma anche la noia, l'inefficace ricerca di un benessere effimero, condizioni che riescono, in alcuni casi, a inquinare anche la "passione di tutte le passioni": l'amore.
Questo testo vuole riflettere su un quesito gravemente attuale e frequente, sulle sue origini culturali, politiche, psicologiche.
Come può una donna accettare la violenza fisica e metafisica dal proprio partner? Ed è possibile amare troppo? La risposta è sì. Tutte le volte che giustifichiamo degli eccessi, quando la nostra relazione mette a rischio il nostro benessere emotivo, la nostra salute e la nostra sicurezza, quando ci adattiamo a tutto pensando che se saremo affettuosi, comprensivi, attraenti, il nostro partner cambierà atteggiamenti, solo per amore nostro, in quel caso stiamo rischiando di amare troppo.
L'amore, per i dipendenti affettivi, è ossessivo, soffocante, è parassitario. Il malato d'amore è un "donatore" di amore a senso unico, è un intossicato che prova un malessere psicologico e fisiologico come se fosse dipendente da qualche sostanza; che cosa possiamo fare per contrastare tutto questo?
Possiamo fare la scelta di un impegno etico: un impegno mirato alla costruzione di senso della nostra esistenza e di quella degli altri, un impegno che preveda delle parole chiave, che sono benessere, equilibrio, desiderio.
E come donne, possiamo sperimentare il nostro valore sia quando ci prendiamo cura degli altri e riconosciamo a noi stesse i meriti delle nostre competenze interpersonali, ma anche quando accettiamo la sana ambizione di voler salire sul palcoscenico come protagoniste, mai vittime di nessuno e di alcun sentimento.