C'è un territorio misteriosamente comune che la critica d'arte e quella letteraria condividono. Come testimoniano gli scritti qui raccolti, il dialogo fra questi due universi è radicato nel profondo della storia intellettuale di Ezio Raimondi, fin da quando, studente universitario appena ventenne, incontrò un maestro della storia dell'arte come Roberto Longhi. E il dialogo continua poi con gli eredi bolognesi del magistero longhiano, a cominciare da Francesco Arcangeli e dalla sua intelligenza appassionata della modernità. Mai a proprio agio tra le formule interpretative correnti, di Longhi e della sua scuola, Raimondi propone una lettura in più sensi sorprendente, che avvalora in primo luogo la passione conoscitiva di un'indagine delle forme intese come segni dell'umano, sempre animata da un rapporto diretto e vivo con le inquietudini del presente. In questa luce, alla fine, anche per il critico letterario l'esperienza delle figure e dei colori conduce veramente, come voleva lo stesso Longhi, a "far ribattere il proprio polso" al ritmo molteplice di quello dei secoli e delle culture.
C'è un territorio misteriosamente comune che la critica d'arte e quella letteraria condividono. Come testimoniano gli scritti qui raccolti, il dialogo fra questi due universi è radicato nel profondo della storia intellettuale di Ezio Raimondi, fin da quando, studente universitario appena ventenne, incontrò un maestro della storia dell'arte come Roberto Longhi. E il dialogo continua poi con gli eredi bolognesi del magistero longhiano, a cominciare da Francesco Arcangeli e dalla sua intelligenza appassionata della modernità. Mai a proprio agio tra le formule interpretative correnti, di Longhi e della sua scuola, Raimondi propone una lettura in più sensi sorprendente, che avvalora in primo luogo la passione conoscitiva di un'indagine delle forme intese come segni dell'umano, sempre animata da un rapporto diretto e vivo con le inquietudini del presente. In questa luce, alla fine, anche per il critico letterario l'esperienza delle figure e dei colori conduce veramente, come voleva lo stesso Longhi, a "far ribattere il proprio polso" al ritmo molteplice di quello dei secoli e delle culture.